di Nicolò Devitofrancesco

Magia nera e riti malefici: quando le streghe di Bari si riunivano sotto "l'arco de la Masciàre"
BARI – È uno dei cinquanta archi che costellano le vie del centro storico di Bari, ma rispetto agli altri nasconde un passato fatto di magia nera, sabba e riti malefici. Parliamo dell’arco delle Streghe (detto anche u-àrche de la Masciàre), un pittoresco passaggio di epoca medievale situato in corte Cavallerizza, stretto vicolo che collega la Cattedrale alla banchina del Castello. Ed è proprio qui, secondo la leggenda, che si riunivano maghe e fattucchiere per praticare i loro riti occulti. (Vedi foto galleria)

Raggiungiamo il luogo partendo da piazza dell’Odegitria. Avendo la Cattedrale alle spalle imbocchiamo strada Nuccia Serra, che termina dopo qualche metro davanti a una parete. Ma ci basta volgere lo sguardo sulla nostra destra per notare un passaggio a tutto sesto che ci invita a proseguire il cammino. Siamo di fronte all’arco della Masciàre

Lo attraversiamo, notando sotto la volta a crociera ricoperta di vernice bianca una targa che ci avvisa di essere arrivati in corte Cavallerizza. La scritta è situata accanto a un’edicola votiva della Madonna col Bambino e all’insegna della sede della Chiesa cristiana evangelica

Dopo pochi passi ci ritroviamo quindi dall’altro lato della strada e girandoci possiamo osservare come l’uscita del passaggio sia molto diversa dalla sua entrata. Qui infatti l’arco diventa a sesto acuto e assume così un aspetto molto più “gotico”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci è quindi più facile immaginarci le streghe. Donne che con il favore della notte si riunivano per praticare arti oscure e celebrare i sabba, rituali demoniaci in onore di Satana.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A loro erano anche attribuiti i malocchi: compivano i loro riti nei confronti di chiunque le avesse offese durante il giorno, anche se tra i popolani c’era chi si rivolgeva a loro per ridurre in disgrazia i propri nemici. Era sufficiente portare alle fattucchiere un oggetto o un indumento della sventurata vittima per scatenare la maledizione.

Le streghe erano anche chiamate gatte masciàre. Il nome derivava dal legame con i gatti neri (felini considerati vicini al demonio) e dalla traslitterazione dialettale di “Megera”, figura della mitologia greca e personificazione della vendetta, nonché del verbo greco Μεγαιρα (letteralmente “invidiare”).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Proprio quell’invidia vista da sempre come qualcosa da cui difendersi. Si vedano a riguardo le sagome delle forbici scolpite sui marciapiedi dei centri storici o quell’antico “rito dell’affascino” che serviva a proteggersi dai cattivi sentimenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Su alcuni libri, come “Acchesì facèvene l’andìche” di Alfredo Giovine, sono persino descritte le pratiche messe in atto dalle “gatte”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Erano solite salire sui tetti, denudarsi e bagnarsi con un unguento magico chiamato olio masciaro, recitando la formula Sop’a spine e ssop’a saremiìnde m’àgghi’acchià a Millevìinde (“Su spine e fra tralci di vite, sarò tra poco a Benevento”). La città campana era infatti considerata il luogo di ritrovo di tutte le streghe del Sud Italia. Grazie a questo sortilegio potevano trasformarsi in animali, così da girare indisturbate tra le strade della città, ma dovevano rincasare prima dell’alba dato che, al primo rintocco della campana, sarebbero tornate alle loro sembianze umane.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Giovine riporta come suo nonno materno fosse solito raccontare che ai suoi tempi due strane oche vennero catturate nella notte nei vicoli di Bari vecchia e messe in una cassa. La mattina però i pennuti si trasformarono con grande meraviglia in due donne: apparvero agli occhi dei presenti completamente nude, rivelandosi così come delle masciàre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il potere della maghe aveva però dei limiti. Chiunque le avesse incrociate avrebbe potuto annullarne l’influsso facendosi il segno della croce e recitando la formula Driana meste ca va pela vì, degghìa ngondrà Gesù, Gesèppe e Marì (“Maestra Diana che vai per la via, devo incontrare Gesù, Giuseppe e Maria”).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La figura della strega andò pian piano scomparendo nell’immaginario collettivo a partire dalla prima metà del secolo scorso. «Fu però sostituita da altri “personaggi” – sottolinea  Michele Fanelli, conoscitore delle tradizioni popolari di Bari vecchia –, tra cui la zingara (capace di preparare infusi d’amore, prevedere il destino) o la tagliatrice di vermi, che attraverso un rito segreto è in grado di curare i bambini».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Novelle “fattucchiere” che ancora oggi, tra il sacro e il profano, offrono i loro servizi a chi ha il coraggio di chiederglieli.

(Vedi galleria fotografica)


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  • Carmine Panella - Il locale sotto l'arco della Masciara con la scritta Chiesa Cristiana Evangelica, che stride con la edicola votiva, in realtà è un deposito di una vicina osteria. Posso inviare una foto dello scorso dicembre.


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